Claudio Orlandi nasce a Roma, dove vive e lavora, viaggiando, da oltre dieci anni, per raggiungere in Italia e all’estero i paesaggi da fotografare, con attenzione alla modificazione della morfologia dei territori e dell’integrità degli ecosistemi e in particolare dei ghiacciai.
Ultimate Landscapes rappresenta una ricerca, una denuncia a suo modo, un palesamento di tutto il bello rimasto e allo stesso tempo l’evidenza delle sua impermanenza e corruttibilità. Le sue immagini, di grande forza archetipica, comunicano quindi l’attrattiva mozzafiato della Natura, la monumentale fatica dell’essere umano per frenare la smodatezza del dominio dell’antropocene, la capacità metamorfica del paesaggio e un’articolazione di equilibri in continua messa in discussione.
La sua può a ragione considerarsi come una parziale ma emblematica mappatura della vastità ed eterogeneità del territorio naturale montano, variegato nella mescolanza materica, nel colore, nella geometria e composizione e un’investigazione personale relativa ai cambiamenti climatici che stanno trasformando e rendendo più fragile ambiente e paesaggio. Il carattere di questo ampio lavoro non è però documentativo, rifugge il tono narrativo e didascalico ma è afferente ad ambiti simbolici e al linguaggio dell’arte: non a caso, confonde la percezione comune, lasciando eloquenti solo alcuni indizi della rappresentazione. Così, si possono ammirare superfici che paiono accattivanti astrazioni, silenti composizioni senza tempo, tra pendenze impressionanti ed assesti transitori, e soprattutto panneggi marmorei di estrema drammaticità emotiva che sembrano grandi installazioni, materia viva, come restituzioni di volumetrie scultoree. Solo dopo una più attenta osservazione avviene la rivelazione che scopre dirupi, rocce, vallate, rivoli d’acqua, distese di neve e ghiacciai coperti da teli di protezione.
Infatti: Ultimate Landscapes esibisce – attraverso più serie di scatti realizzate da Orlandi nell’arco di molti lustri passati sui luoghi a fotografare – l’estremo tentativo dell’uomo di salvare l’equilibrio dell’ecosistema di alta montagna e la consistenza dei ghiacci (il Ghiacciaio del Presena, in Trentino-Alto Adige, fotografati nel 2008, poi dieci anni dopo, nel 2018, e nel 2021; il Ghiacciaio dello Stelvio, in Lombardia (Sondrio) e Trentino-Alto Adige dal 2021; i ghiacciai svizzeri del Rodano, immortalati dal 2020, della Diavolezza, dal 2021; il Paradiso dei Ghiacci, dal 2018, il Ghiacciaio tedesco dello Zugspitze, dal 2019, quello austriaco dello Stubai dal 2018). Ciò grazie all’ingegnosa copertura, in parte o interamente, con teloni bianchi di polipropilene atti a evitare o a ridurre considerevolmente la fusione dei ghiacciai; gli involucri, impiegati per due o tre anni, poiché usurati e sporcati, quindi non più in grado di riflettere adeguatamente la luce solare e riparare dal calore, sono necessariamente sostituiti con dei nuovi teloni, nel tempo migliorati tramite materiale ecosostenibile, di ultima generazione, smaltibile e biodegradabile, che evita quindi anche la dispersione di microplastiche nell’ambiente. Atti di pura resilienza sia della Natura che delle comunità che vi abitano e vi agiscono.
Claudio Orlandi riflette quindi anche sul rapporto tra etica ed estetica animato dall’intervento umano salvifico e sul concetto di equilibrio basato però sulla precarietà: degli ecosistemi (e) e dei tentativi umani di difenderli nonostante la virulenza e influenza antropica.
Quello che di fronte a queste fotografie emerge però più di tutto, è la magnificenza di un paesaggio che, pur se sfregiato, in bilico, mantiene intatta la sua bellezza, la sua memoria primigenia e quel valore universale e quasi cosmico inesplicabile ma chiaro anche sotto sacelli teli geotessili e che solo le immagini e l’arte possono mostrare.