di Roberto Mutti
Quando si è di fronte a un edificio e si ha fra le mani una macchina fotografica, due sono le possibilità di fronte a cui si pone un autore, quella di rappresentare e valorizzare la struttura architettonica così da renderla perfettamente riconoscibile o quella di lasciare che sia la fantasia a trasfigurare le forme per proporre un percorso visivo assai più affascinante.
Davanti al complesso abitativo Monte Amiata al quartiere Gallaratese, Claudio Orlandi non ha esitato a seguire questa seconda ipotesi di lavoro suggeritagli wall’idea stessa dei progettisti di evocare una città il cui dinamismo sembra suggerito dal linguaggio futurista.
Il suo obiettivo si è mosso con una libertà assoluta facendosi guidare non dalla razionalità ma dallintuizione e usando il geometrismo come un escamotage per giungere alla creazione di composizioni quasi astratte.
Più si osservano queste fotografie, più sembrano elementi di un alfabeto costruttivista che un po ci spiega e un po ci confonde.
Talvolta, infatti, si ha la sensazione di inseguire scale che portano chissà dove, di perdersi in lunghi corridoi, di girare alla ricerca di vie di uscita che ogni volta sembrano quelle giuste ma non lo sono, proprio come nel più classico dei labirinti, non a caso opera, dice il mito, di un geniale architetto. Però le stesse fotografie possono essere osservate anche da un altro punto di vista: concentrando lo sguardo sugli accesi cromatismi che le caratterizzano, si trasformano in composizioni bidimensionali dove rettangoli, trapezi, triangoli si muovono in un grande gioco dagli esisti imprevisti.
Claudio Orlandi mescola abilmente le carte talvolta suggerendoci la prima prospettiva e talaltra la seconda, invertendo i piani, inventandosi prospettive improbabili ma anche creando accostamenti in dittici e polittici che aumentano volutamente il nostro senso di spaiamento. Perché è così che riesce a attrarci allinterno di questo suo mondo dove essere ed apparire non sono altro che due aspetti della stessa realtà visionaria.
Davanti al complesso abitativo Monte Amiata al quartiere Gallaratese, Claudio Orlandi non ha esitato a seguire questa seconda ipotesi di lavoro suggeritagli wall’idea stessa dei progettisti di evocare una città il cui dinamismo sembra suggerito dal linguaggio futurista.
Il suo obiettivo si è mosso con una libertà assoluta facendosi guidare non dalla razionalità ma dallintuizione e usando il geometrismo come un escamotage per giungere alla creazione di composizioni quasi astratte.
Più si osservano queste fotografie, più sembrano elementi di un alfabeto costruttivista che un po ci spiega e un po ci confonde.
Talvolta, infatti, si ha la sensazione di inseguire scale che portano chissà dove, di perdersi in lunghi corridoi, di girare alla ricerca di vie di uscita che ogni volta sembrano quelle giuste ma non lo sono, proprio come nel più classico dei labirinti, non a caso opera, dice il mito, di un geniale architetto. Però le stesse fotografie possono essere osservate anche da un altro punto di vista: concentrando lo sguardo sugli accesi cromatismi che le caratterizzano, si trasformano in composizioni bidimensionali dove rettangoli, trapezi, triangoli si muovono in un grande gioco dagli esisti imprevisti.
Claudio Orlandi mescola abilmente le carte talvolta suggerendoci la prima prospettiva e talaltra la seconda, invertendo i piani, inventandosi prospettive improbabili ma anche creando accostamenti in dittici e polittici che aumentano volutamente il nostro senso di spaiamento. Perché è così che riesce a attrarci allinterno di questo suo mondo dove essere ed apparire non sono altro che due aspetti della stessa realtà visionaria.
When you are in front of a building and you hold a camera in your hands, if you are an artist you’ll have two possibilities to catch: you can represent and enhance the architectural structure in order to make it realistically recognizable, or you can let your creativity changes the shapes in order to lay down a visual suggestion more fascinating. Claudio Orlandi haven’t hesitated to choose this second project work in front of the housing complex called “Monte Amiata” at Gallaratese neighborhood, an idea suggested by the designers who wanted to evoke a city inspired by the futuristic language.
Orlando practices the lens in free movement being guided by intuition and not by rationality and using the geometrism as an attraction in order to create compositions almost abstractive.
Observing the Orlandi’s works, these photos seem elements from a constructivist alphabet that on one hand explains, on the other confuses us. Sometimes, in fact, you have the feeling of chasing stairs that lead nowhere, loosing yourself in long corridors, turning in search of a way out that whenever seem the right one but it isn’t, as well as in the most classical labyrinth in which a brilliant architect carries out, as the myth says.
On the contrary, the same photographs can also be observed from another point of view: focusing the gaze on bright colors that characterize them, the photos are transformed into compositions where two-dimensional rectangles, trapezoids, triangles move in a big game by unexpected outcomes.
Claudio Orlandi skillfully mixes the cards sometimes suggesting the first perspective and sometimes the second view, reversing plans, inventing unlikely prospects but also creating combinations in diptychs and polyptychs that deliberately increase our sense of disorientation.
In this way, Orlandi can attract us into his world where being and appearing are merely two aspects of the same visionary reality.
Orlando practices the lens in free movement being guided by intuition and not by rationality and using the geometrism as an attraction in order to create compositions almost abstractive.
Observing the Orlandi’s works, these photos seem elements from a constructivist alphabet that on one hand explains, on the other confuses us. Sometimes, in fact, you have the feeling of chasing stairs that lead nowhere, loosing yourself in long corridors, turning in search of a way out that whenever seem the right one but it isn’t, as well as in the most classical labyrinth in which a brilliant architect carries out, as the myth says.
On the contrary, the same photographs can also be observed from another point of view: focusing the gaze on bright colors that characterize them, the photos are transformed into compositions where two-dimensional rectangles, trapezoids, triangles move in a big game by unexpected outcomes.
Claudio Orlandi skillfully mixes the cards sometimes suggesting the first perspective and sometimes the second view, reversing plans, inventing unlikely prospects but also creating combinations in diptychs and polyptychs that deliberately increase our sense of disorientation.
In this way, Orlandi can attract us into his world where being and appearing are merely two aspects of the same visionary reality.