Claudio Orlandi ha emancipato il suo linguaggio fotografico portandolo dalla restituzione più palesemente figurativa della realtà a…
Claudio Orlandi ha emancipato il suo linguaggio fotografico portandolo dalla restituzione più palesemente figurativa della realtà a…
(…) Il grande filosofo Aristotele aveva torto, sostenendo (nella sua Etica Nicomachea nel Libro II detto del Giusto mezzo, IV sec. a.C.) che “Nulla di ciò che è per natura può assumere abitudini ad essa contrarie: per esempio, la pietra che per natura si porta verso il basso non può abituarsi a portarsi verso l’alto, neppure se si volesse abituarla gettandola in alto infinite volte”? Se leggiamo tale stralcio solo valutando il riferimento che il discepolo di Platone fa alla pietra (sbaglieremmo a circoscrivere il ragionamento solo a questo, ma diamoci ora tale limitazione), possiamo affermare che sì: egli aveva torto…
Claudio Orlandi ha evoluto il suo fraseggio sostenuto da una grammatica – quella attinente al campo della Fotografia – che egli porta dalla resa “figurativa” della realtà all’astrazione. Il suo lavoro qui si concentra sull’architettura che da ambiente che “contiene” e si interfaccia con il mondo, e da ponte tra l’esterno e l’interno – anche psicologico – diventa, in queste sue immagini, pretesto per una riflessione sul colore, sui concetti di struttura e geometria e un richiamo a quell’Astrattismo di storiche radici che affascinò, evidentemente, anche autori come Franco Fontana e, diversamente, Gabriele Basilico…
Claudio Orlandi ha trovato una zona mediana d’incontro tra la restituzione più palesemente figurativa della realtà a l’astrazione pittorica essenziale, fatta di gradazioni cromatiche costruttive e piani e curve nette dando concretezza a ciò che Platone indicava a proposito della “geometria”, volta alla “conoscenza dell’eterno”…